Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre 2020, il video di Giorgio Treves racconta la genesi e i significati profondi della mostra” CRUOR” di Renata Rampazzi a cura di Claudio Strinati

Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre 2020,  il video di Giorgio Treves  racconta la genesi e i significati profondi della mostra” CRUOR” di Renata Rampazzi a cura di Claudio Strinati

Per sottolineare l’importanza del significato di questa ricorrenza, sulla pagina Facebook @MuseoCarloBilotti e su Instagram @museiincomuneroma, verrà ripubblicato il video di Giorgio Treves che racconta la genesi e i significati profondi della mostra “CRUOR di Renata Rampazzi” a cura di Claudio Strinati, aperta al pubblico lo scorso 17 settembre 2020 al Museo Carlo Bilotti e momentaneamente chiusa per l’emergenza Covid-19 come da disposizioni del Dpcm dello scorso 4 novembre 2020.

Nonostante le donne a partire dagli anni Cinquanta abbiano lottato per i propri diritti riuscendo ad affermarsi col tempo anche in diversi ambiti dalla politica all’imprenditoria, acquisendo più forza e voce, resta sempre un’ombra che le imprigiona, quella della violenza che le minaccia facendole sentire indifese e sole. Vittime di violenze, la maggior parte di esse si trova nell’impossibilità di reagire e trovare la forza per dar voce ad un dolore non solo fisico, ma anche morale con cui sono costrette a convivere. Un dolore quello causato dalla violenza sulle donne che le ferisce fuori e dentro, nel corpo e nell’animo e che diventa un peso insopportabile se alla lunga restano sole.

A sottolineare il percorso di lotta per l’affermazione sociale delle donne, l’urgenza di porre fine alla violenza che le ferisce nel corpo e nell’anima è l’artista torinese Renata Rampazzi che ha dedicato oltre 40 anni della sua attività a dar voce alle donne grazie anche alla sua arte sostenendo le loro battaglie per la parità e l’emancipazione. A ripercorre queste battaglie che l’artista ha condotto sin dagli anni Settanta è la mostra “CRUOR, Renata Rampazzi” al Museo Carlo Bilotti che si spera presto di poter nuovamente visitare. 

Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, organizzata da Renata Rampazzi e dal suo studio, la mostra, curata da Claudio Strinati, attraverso 14 dipinti, 46 piccole tele, studi preparatori per la grande istallazioni composta da 36 garze, un video (realizzate dal 1977 al 2020, evoca tematiche dolorose che hanno segnato il destino di molte donne cui è stato tolto il diritto di essere, sognare, fare progetti, in una società che spesso le ha lasciate sole. L’artista, traducendo nei suoi lavori la forza della denuncia contro la discriminazione di genere, ha descritto sulle tele la rabbia, il disagio, l’impazienza senza mai sfociare nell’osceno e nell’ovvio, ma trovando una forza pulsante e viva nel colore più provocatorio di tutti: il rosso. Con pochi tratti, ma ricchi di significante e significato, Renata Rampazzi ha saputo evocare, rappresentare pur rimanendo nell’astratto. Si tratta di opere che come scrive Claudio Strinati nel catalogo: da un lato sono strettamente connesse con una tradizione antichissima e ricchissima, ma dall’altro sono completamente indipendenti da qualunque condizionamento storico, anzi calano sulla nostra contemporaneità con notevole forza e potenza comunicativa per farsi strumento di vera e propria lotta intellettuale e morale in sé e per sé.

Composizioni, Ferite, Sospensioni Rosse, Lacerazioni segnano il percorso sino ad arrivare all’installazione “Cruor” del 2018, realizzata con la collaborazione della scenografa Leila Fteita esposta per la prima volta nella sede della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, che riassume visivamente e in modo esperienziale le altre. Mischiando terre e pigmenti, Renata Rampazzi ha dipinto una trentina di garze, simbolo delle medicazioni delle ferite subite dalle donne, in una variazione di rossi, dal più tenue al più vivido. I lunghi drappi di 4×1 metri appesi al soffitto su piani sfalsati, come una sorta di cortine da palcoscenico, suggeriscono un labirinto emotivo, in cui si penetra nella sofferenza e nella privazione della propria identità a causa della violenza, grazie anche alla coinvolgente atmosfera creata dalle musiche di Minassian, Ligeti e Gerbarec.

 L’iniziativa fa parte di Romarama, il programma di eventi culturali di Roma Capitale. Servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura.

Silvana Lazzarino

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