Fiorenzo Baini II…

Fiorenzo Baini II…

Caro Fiorenzo, bentornato! Di guerra in guerra (e quindi tanto vale dire “Di epoca in epoca”?) i pregi e i difetti di qualsivoglia nazione rimangono sempre gli stessi?

Non è detto, dipende dalle radici storiche di una nazione. I tedeschi sono diventati pesantemente militaristi sotto i prussiani. Nessuno li considerava tali nel XVIIIesimo secolo. Napoleone pare si lamentasse del poco spirito combattivo delle truppe bavaresi e del Baden Wurttemberg. Dopo la seconda guerra mondiale i tedeschi si sono calmati un’altra volta. Credo dipenda dal fatto che la Germania, come l’Italia, è stata unificata dall’alto ma la sua essenza rimane municipale e regionale. Anche la Spagna di oggi è completamente diversa rispetto a quella di qualche secolo fa. Poi è chiaro che uno svedese tenderà ad avere un approccio alle cose tendenzialmente diverso da quello di un abitante di Barletta…!

Quale tipo d’evoluzione ci possiamo ancora aspettare? Saremo costretti a catalogare fatti e personaggi senza più scegliere da che parte stare?

Non sono un guru. L’unica previsione che mi sento di fare, ma la potrebbe fare chiunque osservi con distacco, è un’implosione del sistema dovuta alla sua complessità che lo rende ingestibile. Quanto alla scelta certo che si può fare: basta stare dalla parte del debole, dello sconfitto, chiunque esso sia.

Ritieni che i media oggi consentano una larghezza di vedute, avvantaggiando indirettamente per esempio la divulgazione dei tuoi saggi sulla prima e seconda guerra mondiale?

La larghezza di vedute dei media è relativa. Ce ne sono di diversi, è vero che in un modo o nell’altro è possibile farsi conoscere, ma per essere un fenomeno globale, in qualunque campo e dunque anche saggistico, è bene far parte di un contesto importante che può essere un casa editrice o una tv, e per farne parte è meglio seguire l’onda che è o radicalchic o sovranista, per semplificare. Chi non si sente di appartenere a entrambe può, al massimo, crearsi una nicchia.

E’ possibile ritenersi sia profondi che semplici?

Risposta scontata: la profondità è sempre semplice.

Per la determinazione di un contesto è necessario il sentore popolare? Se sì, tutto ciò che non è pop che fine fa?

Io penso che sia obbligatorio, per chiunque scriva e di qualunque argomento scriva, essere comprensibile a chiunque sia alfabetizzato. Detto questo il pop o popolare non esiste da quando c’è la società industriale. Pasolini aveva parlato di società dei consumi che rendeva il popolo schiavo e lo trasformava in massa. Il pop è un’invenzione che dall’alto cala in basso facendo credere che nasca in basso.

L’informazione ha ancora un valore condivisibile?

Io penso che stiamo morendo di troppa informazione incentrata sul presente, perciò occorrerebbe maggior informazione sul passato e questa va, potendo, condivisa con più persone.

Per sviluppare qualcosa di condivisibile è indispensabile tenere conto di tanti, troppi punti di vista?

No… a essere seri, chi scrive, di qualunque argomento scriva, deve innanzitutto avere presente la sua onestà e la sua verità. Qualcuno che condividerà si troverà sempre.

Ma la gente, non smetterà mai di deluderti? Le relazioni umane t’intimoriscono?

Non sarei così catastrofico. Bisogna distinguere. Dalla gente come massa non mi aspetto mai nulla di buono e dunque non posso esserne deluso perché so già che tende al peggio; ma alla relazione umana sono sempre disponibile senza timore perché sono convinto che la singola persona può essere ottima… il problema casomai si pone quando ci si avvicina al concetto di massa, perché mille singole (e ottime) persone fanno un branco di idioti dei quali farei parte pure io!

Se un bambino ti chiedesse cos’è l’Ignoranza?

Semplice: è fare lo struzzo egoista.

È politicamente corretto demolire…? Oramai può ritenersi un eroe chiunque agisca o chiunque reagisca?

Il politicamente corretto è una forma di totalitarismo 2.0 o se vuoi una forma sofisticata di ignoranza. E’ totalitarismo perché non concepisce altra idea fuori di sé, ed è ignoranza perché chiunque abbia un minimo di senso della Storia sa che non si possono giudicare gli eventi del passato con i nostri occhi. Accetto che si possano buttare giù i monumenti ma quando l’evento è ancora cronaca (la distruzione delle statue zariste dopo la rivoluzione d’ottobre, i simboli del fascismo dopo il 25 luglio 1943, le statue di Lenin dopo la caduta del muro di Berlino), diventa inaccettabile farlo quando ormai fa parte della Storia.

Le lezioni a distanza ti hanno…?

… fatto mancare l’elemento fondamentale e cioè la persona umana. Educare a distanza è un ossimoro.

 Per descrivere degli aspetti universali i testi classici non possono mai mancare?

Non mi invento certo l’idea che in essi c’è già scritto tutto ciò che è da scrivere sul cuore umano, e alcuni di essi, in certe opere, sono pure profetici riguardo agli eventi di storia futura… Leopardi e Dostoevskij in primis.

Il materiale per i tuoi libri non mancherà mai?

Considerando che non mi ritengo un romanziere ma uno che rielabora fatti e misfatti, soprattutto questi ultimi da punti di vista laterali, penso di no… purtroppo.

… Leggendo “Un racconto pieno di grida, strepiti e tecnologici furori”

Questo testo è carico di materiale storico, la parola qui viene giostrata e impreziosita da un autore che spicca abilmente e che comunque, pur parlando di fatti documentati, è lungi dall’inorgoglirsi fuori dal normale a seguito di strategie e citazioni colte.

Nel testo si commentano fatti noti e meno noti della seconda guerra mondiale:  per esempio gli Stati economicamente sviluppati sfoggiarono un talento nel presiedere e gestire con successo dei piani militari, senza dare adito a delle illusioni inconciliabili; quindi non alla maniera dei giapponesi, a dir poco ingenui nel lanciare il guanto della sfida agli americani, e per giunta desiderando aggredire gli australiani.

Una delle novità nel testo di Baini è di utilizzare fonti inedite in Italia od osservare avvenimenti noti da punti vista “laterali”: per esempio nella sottilissima Finlandia l’esercito hitleriano si sentì profondamente strattonato da un vuoto incolmabile; i piani del Fuhrer cominciarono allora a sgretolarsi, e i seguaci cominciarono a soffrirli in larga veduta; a differenza delle milizie russe che pur passive alla sorte in alcuni casi insistevano a battagliare non temendo la reazione degli avversari e pensando anche a far danno, come quando si misero a celare esplosivi in ogni angolo della città di Vyborg per azionarli appena i finlandesi  avessero sfiorato il suolo urbano, tramite un incipit radiofonico che invece non si riprodusse mai, sopraffatto dalle stordenti armonie che, furbescamente e in previsione di qualche brutto scherzo sovietico,  i finlandesi passavano di continuo in tutte le stazioni mandando in tilt le onde radio omicide.

Pur riflettendo inevitabilmente sugli orrori dell’Olocausto e sull’implicita complicità della popolazione tedesca con lo sterminio, non è notissimo in Italia il calvario delle popolazioni dell’Europa orientale e tedesche, in particolare una volta che furono travolte dalla fiumana dell’Armata Rossa.

Si cita un episodio da brividi con l’Urss a predominare, ovvero  la testimonianza riportata dal curato cecoslovacco in quel di Pirna, quando, raggiunta l’intesa con un generale russo per dare degna sepoltura ai cadaveri dei prigionieri tedeschi trascinati dal corso fluviale, notò una barca contenente un nucleo familiare condannato per intero alla maniera di Gesù Cristo… senz’aver risparmiato dei fanciulli.

In Cecoslovacchia militi e cittadini d’origine tedesca finirono impiccati, messi a fuoco nel vero senso della parola e, una volta carbonizzati, rovesciati penzolanti ai pali della luce… per molti simili si decise di raccoglierli con un filamento aculeo, farli fuori con la fucilazione e scaricarli nelle acque della Moldava; quanto al destino di mogli e figli i sovietici provvidero a scovarli, dacché celati nel retro delle proprie residenze, e lanciarli nel vuoto, dalle balconate.

La pazzia riprodotta con Stalin manteneva un espediente raziocinante: cotanto dittatore era ben

consapevole di come ogni Paese ai suoi piedi un domani poteva dichiararsi autonomo, quindi bisognava

cogliere l’occasione per fissare tendenziosamente dell’autorevolezza affinché le future generazioni si

fregiassero di ben pochi rimasugli a un certo grado d’autenticità.

Non sono pochi gli orrori quasi  sconosciuti che il libro racconta: si spiega infatti  che, a Leningrado, la carne umana era masticabile, ma terrorizzava maggiormente l’idea di sfamarsi squartando dei familiari, e difatti il commercio ambulante esibiva con dedizione prodotti quali salumi e impasti di dubbia provenienza…  in effetti i morti, sparsi ovunque, giacevano decapitati e deformi, opportunamente.

Quando si parla dei prigionieri dei giapponesi si rende noto che Il luogo di prigionia standard non disponeva del benché minimo angolo per espletare i naturali bisogni, talmente minuscolo da dover restringere ben più di mille disgraziati di volta in volta; mentre in Germania la forma detentiva sembrava addirittura meno crudele, a patto che riguardasse anime provenienti dall’impero britannico o dal nord Europa perché i prigionieri russi venivano lasciati morire di fame.

Un punto di vista “laterale” è quello riguardante la resa nostrana del 3 settembre 1943 ufficializzata l’8 con il risultato che, in quei cinque giorni, si morì inutilmente… come nel caso degli aerei angloamericani abbattuti dagli italiani, e del sacrificio della Regia Aeronautica, rappresentata anche da Giuseppe Cenni, un fenomenale “compatriota” abilissimo a sganciar bombe dall’alto.

Una novità assoluta invece, sempre per il lettore italiano, riguarda i prigionieri di guerra degli italiani ovvero un capitolo meritorio della nostra partecipazione al conflitto perché il nostro comportamento è stato il contrario di quello giapponese; non solo, nella nostra imprevidenza non avevamo previsto inizialmente di costruire campi appositi perciò sistemammo talvolta i prigionieri sotto sicuri edifici in muratura: scuole, orfanotrofi e in un bene artistico favoloso come la Certosa di Padula, in provincia di Salerno.

La narrazione alterna le varie vicende del conflitto con brevi biografie di personaggi importanti ma “laterali” nel corso della guerra.

Se c’è un personaggio negativo come Arthur Harris, capo del bomber command, definito pure da Franco Cardini nella sua prefazione “maledetto macellaio”, talaltri spiccano per positività… i lettori infatti possono rimanere incantati dalla personificazione del mito con Saburo Sakai, asso dell’aviazione giapponese, che osò dichiarare che la legge non prevedeva perdite di vite per orgoglio nazionalpopolare, da parte di aviatori in possesso di mezzi precari , che non potevano sognare di riabbracciare i propri cari perché dovevano passare alla Storia a forza di fiondarsi sugli avversari alla disperata, da kamikaze… Saburo piuttosto pensò bene di farsi accusare senz’alcuna prova, contro un diktat confacente all’essenzialità del suicidio a mali estremi.

L’ultima di queste mini biografie è una delizia per l’anima, con l’autore che si concentra su Edith Stein, figura che  tutelò la dignità del genere femminile, che promosse l’idea di protestare per ottenere soluzioni lavorative distanti dallo sfruttamento del genere umano, abile da subito come nessun altro tedesco forse a far trasparire il demonio in Hitler e nei suoi seguaci; svantaggiata però dall’esposizione della religione occidentale con un pontefice impossibilitato a parlare in correlazione alla percezione del marcio…!

Vincenzo Calò

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