Leggendo “Cuore e Mente”, di Alessia Di Palma.

Leggendo “Cuore e Mente”, di Alessia Di Palma.

All’apparenza straniero, accertati i lineamenti del suo volto, una chioma dorata nonché una vista protesa in tono accattivante, con un minuscolo paio di pupille nere, allo scandagliamento di qualsivoglia immagine… Vale rimase stupita dall’inesistente senso di tabacco con tutto ch’egli stesse inspirando e respirando l’aroma medesimo, nell’assurdità del momento ch’egli impersonava con maestria, a quanto parve abile a sciogliere le riserve altrui.

Zack desiderava cantarle un brano, motivato da un concentrato d’emozioni che mescolava in proprio, preferendo per il resto incontrarla quando gli sarebbe convenuto, non influenzati dagli umori della gente; come se certo d’avere oramai conquistato il cuore della ragazza, letteralmente sconvolta da un’incomprensibile messinscena, che lui costituiva attribuendole alti e bassi cognitivi, orchestrandole sia il buono che il cattivo tempo, in maniera fortemente ambigua, straordinaria.

Esseri orripilanti si sciolgono dinanzi alle anime pure e fatate, diceva suo padre, col buonsenso galoppante, a coinvolgere la figlioletta in procinto di autostimarsi… dopodiché la sua massima e unica figura di riferimento lasciò l’agone terreno, con l’evanescenza delle illusioni a far proseliti, riducendo all’irrisorietà l’orgoglio, il pathos e l’audacia per emergere personalmente.

Contemplando Capri dall’alto verso il basso, un lavoratore della terra si concesse una pausa, e preso dalla curiosità verso di lei, sola più che mai, le domandò come mai se ne stesse imbronciata, invitandola infine a sacrificarsi quotidianamente nonostante non avesse torto; ben sapendo stavolta che i sentimenti sono imbattibili, che il pudore non consiste assolutamente nel gestirli, tanto si ripropongono per forza e con forza.

Valentina peraltro tornando a casa notava la difficoltà di sua mamma ad alludere alla fine della vita, pregando che la figlia tornasse piuttosto a suonare il pianoforte, sferzando così l’atmosfera, relegata alla sontuosità di un torpore prettamente domestico che si registrava anno dopo anno; a un tema spinosissimo che richiedeva d’essere trattato, che non si poteva far finta d’ignorare: l’assenza di un padre di famiglia.

Vale manteneva una famiglia per mezzo della sudata mensilità che rimediava, ben oltre le magre compravendite pressoché all’ingrosso dei prodotti ortofrutticoli, di coltivazioni che la madre e la sorella autenticavano più o meno saggiamente; quindi pativa tacendo, conscia che la fortuna le spettasse per puro merito.

Conclamate le ore piccole, capitò inconsapevolmente di alzarsi dal letto, rapita da una presenza udibile solo da lei, per dirigersi al pianoforte; cosicché le sembrò di tornare bambina, protesa a un’allegria stordente, provocata dal padre, che la portava con tattile parsimonia alla delizia delle note musicali, nella camera dei genitori pervasa da un sentore di bontà d’animo ch’egli aveva addosso, struggente, e dunque d’accantonare assolutamente.

Tutt’a un tratto la protagonista si ritrovava a sorridere alla vita, avvolta da una sensazione di riconoscenza ancora intraducibile… quanto le accadeva poco prima di norma personale andava debellato, ma chissà s’era possibile abbandonare l’Io a un luogo d’origine puramente terrena, per accennare al cambiamento interiore viaggiando nel mondo… oltre a Gabriele, che forse meritava l’oscar a forza di scatenarle le farfalle nello stomaco, da mattatore, tra il reale e l’irreale.

C’era da intendere che per la prima volta una persona la stesse accogliendo nel suo mondo, a differenza di Zack, non temendo il pettegolezzo, anche se la libertà consisteva sempre nel muoversi non dando retta alle sollecitazioni circa lo scioglimento di certi timori… anche se uno strumento musicale aspettava d’essere suonato per non perdere la strada del paradiso, tracciata in mezzo ai pensieri, dall’immagine di una nuova persona d’amare.

Vale comunque aveva oramai deciso d’intensificare la musica che suonava tramite il pianoforte spremendo tutto un cuore, ricevendo tutti i complimenti del caso perché aveva di per sé osato.

Lentamente, finalmente intendeva come tenere testa alla perdita di un genitore, che non doveva… morirci.

Sua mamma peraltro si contrariava in fondo per quell’idea di sposarsi, come se Valentina potesse rimanere chiusa in un amore arrivato, precocemente all’apice; sollecitata solamente da un’emotività che traspare non avendo ancora maturato quelle esperienze che lasciano il segno, conscia soprattutto del fatto che incarnasse un’anima sbarazzina, che sarebbe tipica di chi crea e innova.

I precedenti fanno la loro presenza, assillando ogni volta come a chiedere d’essere accolti, e in effetti Zack riappare a sorpresa, in un’atmosfera non riconducibile alla stagione più calda dell’anno specialmente, sconquassandole la gioia appena intrapresa, di sproposito e senza la benché minima attenuante; perché il cuore avrebbe dovuto battere per Gabriele, per un sentimento reciproco e sul punto d’essere perfino consacrato.

Con Gabriele del resto la complicità non era esauriente, poco o per nulla avvezzi a viaggiare sulla Terra… Vale doveva oramai fare i conti con la noia del cadere in depressione, spaziando nei desideri, attivandosi per esprimersi liberamente, senza prefigurare del vittimismo esigendo stimoli per rianimarsi, immobile mentre gli obiettivi di una vita latitano nel giusto, col pensiero nei confronti di Zack ad addolorarla in qualsiasi circostanza.

L’americano si affidava a un maestro di musica anch’egli passivo a una sorta d’immorale leziosità… sempre per conto di Valentina e a crudo, copriva le sue vergogne ammettendo la scarsa predisposizione ai rapporti con l’altro sesso, scottato amorevolmente e ingannato drammaticamente in passato da una ragazza che gli ridicolizzò la sfera sentimentale che da quel momento non girò più coi favori della psiche per stabilire il buonsenso.

Ma Valentina stava gettando al macero gli anni più preziosi della sua vita portando inconsapevolmente al successo una persona che non meritandoselo affatto semmai era stata abile solo a trovare nella nostra un dono come in pochi altri… Zack, da perfetto immaturo, non faceva altro che scontare esistenzialmente un errore che aveva intricato in maniera ulteriore un percorso obbligatorio, e oramai si portava quell’espressione da cane bastonato.

Dopodiché chissà se a Capri colui che veramente poteva starle affianco fedelmente avrebbe accettato le sue scuse, intanto non corrispondeva più nominandola con l’abbreviativo che apparteneva a ben pochi intimi, brutto segno… però dimenticandosi che la rincorse in principio ricevuta “la grazia” a seguito degli attributi che non tirò fuori per difenderla dal bullismo esercitato dagli amici specialmente.

Dal racconto emerge la necessità di slanciarsi scegliendo il da farsi, basti immaginare che la protagonista ha subìto della violenza fisica prima d’impugnare una vita del tutto propria, recuperando dall’errore a monte, di desiderare un qualcosa d’inconciliabile per i suoi segni particolari fino a pregare e distaccarsi quasi definitivamente dalla gioia che non riusciva a provare perché non rifletteva sulla fortuna di cui disponeva, sul piano affettivo (vedi pure l’amicizia con Caterina).

Tecnicamente, la Di Palma rende fluido un pensiero dominante con un’ambizione carica di buona volontà.

Tra le righe premono appartenenze dalla dolceamara, conformistica semplicità.

Notevole l’ambientazione, in cui entrano e rientrano figure d’attendibilità sociologica come pure di rappresentatività antropologica, influenzanti l’atmosfera per momenti essenziali, scorrevoli.

La scrittrice traccia profili tra il familiare e l’imprendibile, per un’opera immediata, dall’approccio semifiabesco data una superficie eternamente riflettente.

Ne conseguono visioni dalle ricerche cromatiche, per domande che si possono moltiplicare cercandoci dentro le risposte, in un’epoca coi confini da esplorare, che attraversandola esistenzialmente si emblematizza quel coacervo di rifiuti sulla presenza umana.

È ben chiaro alla fin fine chi sono i buoni e i cattivi, e ciò è dovuto da un’atmosfera che la Di Palma ci permette di respirare, con personaggi inseguiti da una verità, un’illuminazione più forte di ogni altra, che incalza alla lettura, nel fluire di ciò che accade.

Le occasioni speciali l’autrice le fa scattare adottando un’esibizione narcisistica su certezze e scelte, come a doverci poi da lettori interrogare su quel che ci diciamo quotidianamente.

Le rivelazioni s’incastrano tra sentimenti profondi o ragioni inconfessabili, e a questo punto Alessia sembra che narri per immagini… ne beneficia la coerenza nello sviluppo della trama, costruita in maniera così accurata da prospettare un impianto cinematografico.

Traspare proprio un’esigenza di cose stabili, forti come solo le emozioni lo possono essere.

In generale è un libro sul dolore ma con toni leggeri, benché tra il dolce e il malinconico, nelle attese delle scosse di coscienza, più interne ch’esterne, come a contemplare un limpido mare di lacrime.

Il linguaggio è schietto per mezzo di stereotipi ampiamente sfruttati da personaggi ben assortiti… non v’è morbosità, la parola rimane pulita, esattamente come lo è chi la romanza.

Il lettore viene proiettato nei luoghi descritti come nelle vite dei personaggi, al punto di sentirsi parte della narrazione, il tutto pacatamente, con una scrittura fedelmente radicata nell’ansia di bellezza e di giustizia.

Trama quindi dal nodo fondamentale, slacciabile da un microcosmo chiuso, in cui anche un sentimento puro diventa devastante, assumendo parole pregne d’echi, d’impronte trascorse e mai passate.

*Alessia Di Palma nasce a Salerno il 26 luglio 1994 e vive con la famiglia in Costiera Amalfitana.

Fin dalla giovane età ha mostrato vivo interesse verso le materie letterarie e artistiche, come la grammatica, la storia e la letteratura; e anche per le culture diverse.

Inizia a scrivere ufficialmente all’età di dodici anni, con piccoli racconti adolescenziali e di fantasia.

All’età di sedici anni pubblica Ilaria Aiken con la casa editrice Terra del Sole.

Ha partecipato a vari concorsi, classificandosi prima ex-aequo al premio Scrittore in banco; e al terzo posto al premio Il pensiero libero.

In questo periodo la sua vena artistica cambia di tonalità, assumendone di più mature e scure; frutto di questa tendenza sono Vivere Intensamente, pubblicato nel maggio 2015 come self publishing; e Cuore e Mente, edito nell’aprile 2020.

Vincenzo Calò

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