“Non vedevo l’ora di tornare in acqua per vedere come stava”

“Non vedevo l’ora di tornare in acqua per vedere come stava”

Tempo fa, facendo zapping su Netflix, notai un contenuto dallo sfondo colorato, di blu intenso come piace a me e un titolo che inizialmente solleticò la mia curiosità: “Il mio amico in fondo al mare”.

Il primo pensiero fu quello che si trattasse di un filmetto, di quelli che hanno come protagonista un umano che fa amicizia con qualche animale e i due danno vita a un rapporto sì bello, che diverte ed emoziona ma al limite della fantascienza.

Poi ho letto la trama: “In una foresta di alghe sudafricana, un regista stringe un’insolita amicizia con un polpo che condivide con lui i misteri del suo mondo”.

“Con un polpo?” pensai.

Come è possibile?

Come è possibile che nasca un rapporto di “amicizia” tra due esemplari di specie così diverse, dove l’una, se entrambe potessero esprimersi attraverso un linguaggio universalmente comprensibile, direbbe dell’altra che sembra un alieno?

Lo guardai e ancora oggi, mi porto dentro l’emozione per quello che ho visto.

Mi ha commosso, toccato, ha aperto in me una porta, finora socchiusa, verso un’ammirazione, rispetto e volontà di salvaguardia nei confronti degli animali.

Quando ti viene messa davanti una testimonianza nella quale una piovra, un comune polpo, che rispetto all’uomo è qualcosa che più diverso non si può in termini di struttura fisica, DNA, evoluzione, habitat naturale, fa quello che si vede nel docu-film, allora per forza una riflessione la fai.

Il polpo, è in grado di riconoscere un essere umano mai visto prima, e non percepirlo come un pericolo ma come qualcosa a cui potersi rapportare; usa delle strategie di mimetizzazione di un’intelligenza straordinaria come utilizzare sassi e conchiglie mettendoseli addosso; può utilizzare qualsiasi oggetto che gli capiti vicino, specie se voluminoso a mò di scudo contro i predatori; e la cosa più sorprendente forse è che… gioca.

Sì, come qualsiasi gatto o cane gli piace giocare, con quello che ha intorno, soprattutto con banchi di pesci.

E noi questo animale lo mangiamo.

E nella maggior parte dei casi, ne parliamo con sufficienza, come se fosse solamente uno “stupido polpo”, già macchiato da tale stupidità solo per la facilità di poterlo catturare e servire sulle nostre tavole.

Non è mia intenzione qui intraprendere un discorso di tipo etico-alimentare, cercando di avvalorare le tesi dei vegetariani o dei vegani, io mangio anche carne.

Si tratta più di sentire il bisogno che le persone comincino finalmente a guardare gli animali come qualcosa non di scontato, di superfluo o di contorno, ma come qualcosa di straordinariamente prezioso e unico che vive intorno a noi, dalla straordinaria potenza vitale, in grado di cavalcare la spinta del sistema naturale verso la sopravvivenza con una tenacia e una determinazione che sono commoventi.

Rispettiamoli di più.

Quello delle profondità marine è un ambiente più strano del più assurdo film di fantascienza. Molti dicono che la piovra è un animale simile agli alieni. Ma la cosa strana è che quando ti ci avvicini, ti rendi conto che siamo molto simili in molti modi”. (Craig Foster, protagonista e ideatore del documentario vincitore dell’Oscar 2021).

Alessandro Frattaroli

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