TAR di Roma, il silenzio assenso nelle pratiche edilizie e di condono

TAR di Roma, il silenzio assenso nelle pratiche edilizie e di condono

(Nota Avv. Antonino Galletti) – Con la recente sentenza n. 7993/2024 il TAR di Roma ha risolto una questione giuridica che sovente gli operatori giuridici ed i tecnici si sono trovati ad affrontare e, cioè, se il provvedimento tacito di accoglimento dell’istanza di condono consegua al mero decorrere del tempo oppure se sia altresì necessaria anche la concreta sussistenza dei presupposti normativi per il conseguimento del bene della vita e, dunque, se la mancata conformità della fattispecie concreta ai presupposti disciplinati e richiesti dal modello legale di riferimento determini comunque la formazione del silenzio significativo, incidendo solo quale vizio di legittimità del provvedimento amministrativo tacito, ovvero se impedisce in radice la formazione del silenzio assenso.

Ciò, in quanto affinché ricorrano i presupposti per la formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono edilizio, come disciplinato dall’art. 32, comma 37, l. n. 326/03 e dall’art. 6, l.r. n. 12/2004, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. IV ter, 8 novembre 2023, n. 16592), è necessario che:

– sia stato completato il pagamento dell’oblazione dovuta e degli oneri concessori;

– la domanda sia fedele e completa di tutta la documentazione, affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica da parte dell’amministrazione comunale sia in ordine alla ammissibilità del condono che alla corretta determinazione della misura dell’oblazione da versare, con la conseguenza che l’assenza di completezza della domanda di sanatoria osti alla formazione tacita del titolo abilitativo;

– sia decorso il termine di trentasei mesi, previso dall’art. 6, l.r. n. 12/2004, dalla data di scadenza del versamento della terza rata relativa agli oneri concessori (in caso di abusi c.d. minori, riconducibili alle tipologie di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 al d.l. n. 269/2003, realizzati in area vincolata, il termine inizia a decorrere dall’emissione del parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo);

– non si tratti di abusi c.d. maggiori (inseriti nelle categorie di cui ai nn. 1, 2 e 3 del menzionato Allegato 1 al d.l. n. 269/2003) realizzati in area vincolata, trattandosi di fattispecie per le quali è esclusa ex lege la condonabilità delle opere.

Secondo una prospettazione più rigorosa dell’istituto, il perfezionamento della fattispecie sarebbe legato non solo alla completezza formale della domanda e al decorso del tempo, ma anche alla contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, con la conseguenza che il silenzio assenso non si formerebbe nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista (c.d. concezione sostanziale del silenzio assenso); secondo un opposto indirizzo ermeneutico, la formazione tacita del provvedimento sarebbe subordinata alla mera presentazione dell’istanza ed al decorrere del tempo previsto dalla legge (c.d. concezione formale del silenzio assenso).

Dunque, secondo la concezione sostanziale dell’istituto, il binomio è dato dall’esistenza/inesistenza del silenzio assenso, con il corollario che può esistere solo un provvedimento tacito di accoglimento legittimo; secondo la concezione formale il binomio, una volta trascorso il termine di legge, è quello tra legittimità/illegittimità del silenzio assenso, con il corollario che può esistere anche un provvedimento tacito di accoglimento illegittimo.

Il TAR di Roma, nella sentenza in commento, ha aderito alla c.d. concezione formale dell’istituto, in quanto la concezione sostanziale vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione insiste nel silenzio assenso, vanificandolo, dato che nessun vantaggio, infatti, avrebbe l’operatore se l’Amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo, disconoscere gli effetti della domanda e ritenere che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale; ciò significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità e tale trattamento differenziato opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della pubblica amministrazione.

Il TAR, poi, non si è limitato a giustificare l’adesione alla teoria formalistica solo ed unicamente sulla base della ratio di semplificazione dell’istituto, ma l’ha sostenuta, richiamando espliciti passaggi normativi che depongono per l’interpretazione ora delineata.

In particolare, tali disposizioni sono rinvenute:

  • nell’espressa previsione della annullabilità d’ufficio anche nel caso in cui il «provvedimento si sia formato ai sensi dell’art. 20» che presuppone evidentemente che la violazione di legge non incida sul perfezionamento della fattispecie, bensì rilevi (secondo i canoni generali) in termini di illegittimità dell’atto;
  • nell’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020) che, nella parte in cui afferma che «Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, […] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21- nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni», conferma che, decorso il termine, in capo all’Amministrazione residua soltanto il potere di autotutela;
  • nell’art. 20, comma 2-bis, che prevedendo come «Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo […]», stabilisce, al fine di ovviare alle perduranti incertezze circa il regime di formazione del silenzio-assenso, che il privato abbia diritto ad un’attestazione che deve dare unicamente conto dell’inutile decorso dei termini del procedimento (in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie rimaste inevase e di provvedimenti di diniego tempestivamente intervenuti);
  • nell’abrogazione dell’art. 21, comma 2, della legge n. 241 del 1990 (per effetto della legge n. 124 del 2015, c.d. legge Madia), che assoggettava a sanzione coloro che avessero dato corso all’attività secondo il modulo del silenzio assenso, «in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente»;

Il TAR capitolino, con statuizione che merita sicura condivisione, ha poi rigettato la tesi dell’Amministrazione capitolina, formatasi sulla base della giurisprudenza penale, favorevole alla teoria sostanzialistica del silenzio assenso in materia edilizia e nel condono, ritenendo che il principio in base al quale occorre sempre valutare la legittimità sostanziale del titolo abilitativo, espresso o tacito, costituisce un proprium del giudizio di accertamento dei reati edilizi ed è, come tale, inconferente nella fattispecie in esame; il giudice penale, in sede di accertamento degli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice e, dunque, nell’ambito della verifica della corrispondenza tra la fattispecie astratta e il fatto oggetto di contestazione, può svolgere un sindacato incidentale sulla legittimità dell’atto amministrativo, giudizio che non è escluso dalla mera formale esistenza di un titolo abilitativo, dovendo invece analiticamente e dettagliatamente verificare se il già menzionato titolo sia stato adottato in presenza delle condizioni di legge.

L’orientamento sposato dal TAR capitolino, va ad aggiungersi a quello già presente e recentemente ribadito relativo alla concezione formalistica del perfezionamento del silenzio assenso in presenza di un’istanza volta all’ottenimento del permesso a costruire.

A fronte all’orientamento favorevole alla concezione formalistica di cui al Cons. Stato, Sez. IV, 5 settembre 2016, n. 3805, v’è stato un successivo orientamento contrario di cui al Cons. Stato, Sez. IV, 7 gennaio 2019, n. 113 e, in ultima analisi, si registra invece una nuova adesione all’orientamento formalistico di cui al Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 novembre 2023, n. 9969/2023 giustificato dal fatto che eventuali ragioni di contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia dovrebbero essere attentamente valutate dall’Amministrazione entro il termine previsto dalla legge per la conclusione del procedimento, laddove intervenire ex post e in mancanza di qualsiasi esercizio del potere di autotutela contro il provvedimento formatosi per silentium, costituisce un’inammissibile motivazione postuma.

Un orientamento mediano è quello secondo il quale “il termine legale per la formazione del silenzio-assenso in materia di condono degli abusi edilizi presuppone che la domanda sia stata corredata dalla prescritta documentazione, non sia infedele, sia stata interamente pagata l’oblazione e, altresì e soprattutto, l’opera non sia in contrasto con i vincoli di inedificabilità di cui all’art. 33, l. 28 febbraio 1985, n. 47 (Consiglio di Stato, sez. VI; 24.11.2020, n. 7382; Consiglio di Stato, sez. IV, 22 luglio 2010, n. 4823 e sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2369)”, laddove i vincoli di inedificabilità previsti dall’art. 33 citato sono:

a) vincoli imposti da leggi statali e regionali, nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici 

b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;       

c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;
d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree.

Dunque, non qualsiasi conformità sostanziale, ma solo quella afferente la completezza documentale, il pagamento di quanto dovuto e la compatibilità con i vincoli di zona.

Stefano Di Santo

Avvocato del Foro di Roma. Membro Commissione Diritto Bancario Ordine Avvocati Roma Collaboratore testata giornalistica Roma Capitale Magazine

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