Leggendo “E poi boh… – Monologhi di una giovane Incoscienza”, di Marinella Mariani

Leggendo “E poi boh… – Monologhi di una giovane Incoscienza”, di Marinella Mariani

Quel qualcosa a cui ci tieni in particolare implica all’istante la coscienza circa il fatto di esaurire le forze per un valido motivo dacché emozionale, a differenza di quel che t’impaurisce, ovvero la necessità di sfidare l’andazzo terreno alquanto incolore, nelle sembianze di una persona che si suole dire “acqua e sapone” ma che vorrebbe tanto chiudersi nel suo privato… situazione dalla quale si può trarre una pellicola cinematografica, e magari con la direzione di Dario Argento che sarebbe eccome in grado di esaltarla.

L’interrogativo che si assume l’esclusiva travolgendo la logica in proprio abbraccia il desiderio di appisolarti quando si fa buio… in effetti l’immaginario andando oltre comporta l’emozione da vivere sensibilmente spaziando all’inverosimile, cosa che c’entra niente con uno stadio dentro cui sopra un manto verde si scannano due squadre composte da 11 calciatori spremuti da interessi materiali per un’ora e mezza circa, in alternativa alla band che si esibisce legando e relegando note musicali.

Le opportunità per svagarsi lungo la via di uno sviluppo emotivo del tutto personale non hanno a che vedere con degli ostacoli… nella buona sostanza ci si può alleggerire appieno per decretare una condizione salvifica esemplare, che liquida certe minacce esterne per far emergere addirittura dei privilegi, con della consapevolezza rimediabile seppur in casi estremi l’udito non l’abbia colta, rispettata quindi non eccedendo nel rappresentare dei distacchi delittuosi internamente.

Il cuore si unicizza come elemento puro e decadente, e chissà se, per la donna che la Mariani scandaglia, vale trascorrere delle vacanze rigenerando il fisico nel bel mezzo della vegetazione, assieme a degli esseri umani con lo stesso intento, ossia di staccare la spina dal complesso andazzo quotidiano… eh sì, perché tornano prepotentemente i soliti sospetti, della serie “Ne facessi una buona!”, e ci si sente nient’altro che inferiori rispetto al resto del mondo.

Dentro un negozio dove si commercializza del materiale rigido, più forte dei tempi, in un congedante, affettuoso gesto, le sole regole tangibili all’istante riguardano in progressione il presupposto maschile e quello femminile per l’orgasmo… all’allentarsi repentino del contatto, col disagio ridicolizzante, sembra proprio di essere dei benemeriti quindicenni, che si dimenticano dell’oggi, del mero obiettivo che li ha spinti fuori di casa fino alla casualità degl’incontri.

Sapendo quel che facciamo si percepiscono filtraggi oscuri e iracondi per la logica, nel frattempo il Pensiero si rende custode ambientando concezioni in misura dei ricordi, se non saggia, alla luce di quel che succede fuori… un posto accessibilissimo osservando la dimensione che s’intende recuperare, con dei doni che aspettano d’essere scartati rinunciando per intero a quanto non ci compete, d’irriguardoso.

Al centro di massime di pensiero, espedienti naturali, e diverse elucubrazioni mentali, s’illumina l’opinione lungi dall’ingenuità, circa l’incontro tra un uomo e una donna entrambi complicati emotivamente, pervasi dalla ripetitività di fatti meramente ordinari, che mischiano l’istinto col suo contrario per l’innalzamento reale dell’intelletto umano, desiderando animare e sviluppare quanto incorporano; anche se il fiato sul collo di un sistema incivile e irrefrenabile li può attecchire.

Vincenzo Calò

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